Giurisprudenza e Prassi

ISTANZA LIBERATORIA ANTIMAFIA - OBBLIGO DEL PREFETTO DI PRONUNCIARSI ENTRO 30 GIORNI

TAR EMILIA BO SENTENZA 2023

Va evidenziato che ai sensi ai sensi dell’art. 91, comma 5 del D. Lgs 159/2011, c.d. Codice Antimafia, “il prefetto, anche sulla documentata richiesta dell’interessato, aggiorna l’esito dell’informazione al venir meno delle circostanze rilevanti ai fini dell’accertamento dei tentativi di infiltrazione mafiosa”. La giurisprudenza ha costantemente evidenziato (cfr. ex plurimis, Consiglio di Stato n. 2324/ 2019; id. sez. V, n. 4602/2015; id. sez. III, n. 292/2012; id. sez. VI, n. 7002/2011) che, il “venir meno delle circostanze rilevanti” di cui all’art. 91, comma 5, del d.lgs. n. 159 del 2011, non dipende, infatti, dal mero trascorrere del tempo, in sé, ma dal sopraggiungere di obiettivi elementi diversi o contrari che ne facciano venir meno la portata sintomatica (o perché ne controbilanciano, smentiscono e in ogni caso superano la valenza sintomatica, o perché rendono remoto, e certamente non più attuale, il pericolo).

La giurisprudenza è pressoché concorde nel ritenere che, a fronte di una circostanziata richiesta di aggiornamento da parte del soggetto interessato, il prefetto non possa legittimamente sottrarsi all’obbligo di riesaminare il quadro indiziario esistente alla luce dei nuovi dati segnalatigli e di ripronunciarsi, quindi, in via espressa su di esso, ferma restando, naturalmente, la piena discrezionalità del suo potere valutativo in merito al perdurare del rischio di infiltrazione mafiosa (in tal senso, ex multis, Consiglio di Stato, sez. VI, n. 3092/2009; id. sez. III, n. 2410/2015, id. n. 1743/2016; T.A.R. Sicilia Catania sez. I, n. 2396/2017).

Deve rammentarsi che la conclusione del procedimento in questione è giocoforza sottoposta al termine di complessivi 30 giorni (decorrenti dalla presentazione dell’istanza), ai sensi dell’art. 2 c. 2 della legge 241/90 e 92 d.lgs. 159/2011 non essendo previsto nella normativa di settore alcun diverso termine e dovendo quindi applicarsi quello generale e sussidiario valevole per l’adempimento all’obbligo di provvedere di ogni pubblica amministrazione (ex multis T.A.R. Umbria 21 maggio 2018, n. 364).

A questo proposito se è vero che la ricorrente non ha provveduto ad integrare la documentazione richiesta il 28 ottobre 2022 dalla Prefettura, con il predetto atto endo- procedimentale privo dell’indicazione di un termine per regolarizzare, è altrettanto vero che allo stato il procedimento risulta indeterminatamente sospeso in violazione della regola codificata dall’art. 2 L.241/90 secondo cui il procedimento una volta attivato d’ufficio o su istanza di parte deve essere concluso, si da reputarsi illegittima una sospensione “sine die” (ex multis T.A.R. Toscana sez. III, 2 marzo 2011, n.410; T.A.R. Lombardia Brescia sez. I, 9 luglio 2021, n. 648).

Per effetto infatti dell’art 2 c. 7 della legge 241/90 i termini di conclusione del procedimento possono essere sospesi per una sola volta e per un periodo non superiore a trenta giorni per l'acquisizione di informazioni o di certificazioni relative a fatti, stati o qualità non attestati in documenti già in possesso dell'amministrazione stessa o non direttamente acquisibili presso altre pubbliche amministrazioni.

L’Amministrazione così operando ha dunque violato l’obbligo di definire il procedimento, obbligo reso ancor più cogente in seguito all’entrata in vigore della L. 190/2012 che ha imposto di rispondere in ogni caso (tranne i casi limite di pretestuosità) alle istanze dei privati (anche dunque in ipotesi di manifesta infondatezza) nel rispetto dei principi di correttezza, buon andamento, trasparenza (ex multis Consiglio di Stato, sez. III, 8 settembre 2016, n. 3827; T.A.R. Cagliari sez. II, 12 dicembre 2013, n. 879).

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