CALCOLO DEL COSTO ORARIO DEL PERSONALE - ADEGUATA VERIFICA PER DETERMINARE ANOMALIA.
La questione controversa nella presente causa riguarda specificamente il calcolo del ‘divisore’ (monte ore effettivo).
L’individuazione del divisore è frutto di una sottrazione: dal monte ore teorico, che le Tabelle Ministeriali fissano in 1976 ore (38 ore settimanali moltiplicate per 52 settimane annue), devono sottrarsi le ore mediamente non lavorate per assenze del dipendente, dovute alla fruizione di diritti incomprimibili, istituti contrattuali, eventi imprevisti, quali: ferie; festività e festività soppresse; assemblee sindacali; malattia, gravidanza e infortunio; diritto allo studio; formazione professionale; Formazione permessi del Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (TAR Marche, Ancona, I, 29 dicembre 2018 n. 829). Le ore mediamente non lavorate vengono determinate, in tabella, nel numero complessivo di 428, di cui 120 per malattia, infortunio e gravidanza.
La censura qui esaminata si appunta, in particolare, sulle ore di assenza per gravidanza, malattia e infortunio.
Invero, i costi effettivamente sostenuti dall’impresa in caso di sostituzione non coincidono con quelli che su essa gravano direttamente in relazione al lavoratore sostituito. A tali importi devono infatti aggiungersi le somme afferenti ai compensi e alle altre voci di costo relativi al lavoratore sostituto, che presta la propria attività al posto della persona assente e costituisce a sua volta un dipendente dell’impresa.
La giurisprudenza ha infatti precisato che: “Il lavoratore assente per un motivo previsto dalla legge o dal c.c.n.l. ha comunque diritto alla retribuzione, il che vuol dire che il datore di lavoro deve sopportare un onere aggiuntivo per la sua sostituzione. E’ questa la ragione per la quale il divisore da utilizzare per la determinazione del costo orario è il numero delle ore annue effettivamente lavorate, perché in questo modo si ottiene un quoziente più alto che però include anche il costo per le sostituzioni” (TAR Marche, Ancona, I, 29 dicembre 2018, n. 829); e ancora: “i lavoratori impiegati per le sostituzioni sono comunque dipendenti della ditta, nei cui confronti operano tutti gli istituti contrattuali (ovviamente in relazione al tipo di contratto di lavoro e alle ore contrattuali)” (TAR Marche, Ancona, I, 2 gennaio 2018 n. 5); o più precisamente: “In sostanza, l’aumento del costo unitario [del lavoro - n.d.r.] deriva dal conglobamento di un costo ulteriore per l’impresa, derivante dall’impiego di altro personale, nella misura necessaria a sopperire alle assenze dal lavoro. […] la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato afferma in modo costante (ex multis: Cons. Stato, III, 2 marzo 2015, n. 1020; 13 dicembre 2013, n. 5984) che per il costo orario del personale da dimostrare in sede di verifica dell’anomalia dell’offerta […] va considerato il «costo reale» (o costo ore lavorate effettive, comprensive dei costi delle sostituzioni cui il datore di lavoro deve provvedere per ferie, malattie e tutte le altre cause di legittima assenza dal servizio (da ultimo: Cons. Stato, III, 2 marzo 2017 n. 974 […]). […] La conseguenza di questo errore è data da un’esposizione di un costo orario per ciascun profilo professionale da presumersi non congruo, perché computato sulla base di un divisore che non tiene conto delle fisiologiche assenze dal lavoro e dei costi aggiuntivi sopportati dal datore per sostituire il personale assente” (Consiglio di Stato, V, 12 giugno 2017, n. 2815).
I dati medi presi in considerazione dalle tabelle ministeriali tengono conto di tale evidenza fattuale e finanziaria.
Proprio per tale ragione, in assenza di giustificazioni specifiche e documentate che incidano sul quantum delle assenze, il numero di ore non lavorate per malattia, infortunio e gravidanza non può essere diminuito artificiosamente dalla ditta, ma va conteggiato nella quantità indicata dalle tabelle. In caso contrario, si andrebbe ad abbassare illegittimamente (per effetto dell’innalzamento del divisore), il costo orario e complessivo della manodopera, omettendo di considerare i costi per sostituzione cui la ditta deve invece necessariamente far fronte al fine di eseguire esattamente il servizio appaltato. Il tutto, con effetti distorsivi della concorrenza, e potenzialmente idonei a compromettere l’equilibrio interno e complessivo dell’offerta, oltre che a pregiudicare l’interesse pubblico alla puntuale erogazione del servizio.
La giustificazione resa dalla ditta con riferimento alla quantificazione delle ore di assenza è dunque infondata, e in contrasto con il quadro normativo di riferimento e con la logica sottesa al funzionamento del sistema delle Tabelle ministeriali. Risulta pertanto illegittima la determinazione comunale che, sulla base di detta spiegazione, riteneva congrua l’offerta
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