PRINCIPIO DEL RISULTATO - LIBERTA' DI FORME PER PROCEDURE DI BASSO IMPORTO IN COERENZA CON IL PRINCIPIO DI PROPORZIONALITA' (1)
Nel recente caso Tim (cfr. Corte di Giustizia UE 30 gennaio 2020 in causa C-395/18), la Corte di Giustizia ha messo in evidenza che dal principio di proporzionalità consegue che le norme stabilite dagli Stati membri o dalle amministrazioni aggiudicatrici nell’ambito dell’attuazione delle disposizioni delle direttive eurounitarie non devono andare oltre quanto è necessario per raggiungere gli obiettivi previsti da queste ultime.
Trattasi di un orientamento oramai consolidato a partire dal noto leading case Commissione contro Repubblica di Malta, C-76/08 del 10 settembre 2009, in tema sindacato di proporzionalità sulle misure adottate dagli stati membri in deroga agli obblighi previsti dalle direttive eurounitarie.
Dal principio di proporzionalità deriva, pertanto, il corollario della c.d. «strumentalità delle forme» ad un interesse sostanziale dell'Amministrazione, di cui la giurisprudenza amministrativa ha fatto costane applicazione nel contenzioso in materia di appalti pubblici, e che di recente è stato codificato, mediante l’icastica formula del principio del risultato, dall’art. 1 del nuovo codice degli appalti di cui al decreto legislativo n. 36 del 31 marzo 2023.
Era, invero, affermazione largamente condivisa, già sotto il regime del d.lgs. n. 163/2006, quella secondo la quale i principi applicabili ai contratti esclusi dalla diretta applicazione delle direttive comunitarie implicavano un obbligo di gara meno formale di quella imposta per i contratti inclusi. Tale obbligo, nel caso della procedura di cottimo fiduciario, si traduceva sostanzialmente nella necessità di invitare almeno cinque concorrenti.
Ciò non significa, peraltro, come sostiene la regione appellante, disapplicare i principi (o alcuni dei principi) dei trattati eurounitari che regolano i contratti pubblici, ma semplicemente bilanciarli diversamente in fattispecie che, come quella qui in esame, sono annoverabili tra quelle di minore impatto concorrenziale.
Siffatti principi vanno ragionevolmente bilanciati e attuati secondo diverse graduazioni, dato che l'attuazione massima di tutti i principi coinvolti è solitamente impedita dal fatto che essi sono spesso incompatibili fra loro. Tuttavia, a tutti i principi deve essere garantita almeno un'attuazione minima (dal momento che ciascuno dei principi coinvolti è garantito dall'ordinamento, al pari degli altri).
Per questa ragione, i principi vanno bilanciati, non massimizzati: la massimizzazione di un principio comporta l'«annichilimento» del principio o dei principi incompatibili e, dunque, la violazione dell'ordinamento che impone un'attuazione - ancorché minima - a tutti i principi dello stesso «rango».
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