Giurisprudenza e Prassi

INTELLIGENZA ARTIFICIALE NEGLI APPALTI PUBBLICI (30.2)

CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 2025

Discende la non applicabilità alla fattispecie in esame dell’art. 30, comma 2, lett. a), disposizione quest’ultima che, invece, disciplina, codificando sul punto gli approdi della più recente giurisprudenza del Consiglio di Stato, i principi che devono governare l’adozione dei “provvedimenti per algoritmi”(principio di trasparenza; principio di non esclusività della decisione algoritmica principio di non discriminazione: cfr. ex multis, Consiglio di Stato, 8 aprile 2019, n. 2270).

Proprio l’appartenenza del software in esame al genus degli algoritmi di mero supporto segna una netta discontinuità con le fattispecie analizzate dalle decisioni giurisprudenziali invocate dall’appellante a sostegno delle proprie argomentazioni, nelle quali, ad esempio, si è rinvenuta la necessità di ampliare il campo del diritto di accesso, fino a ricomprendervi il diritto di accedere al codice sorgente del programma che si occupa dell’assegnazione delle sedi per la mobilità dei docenti, spostando i trasferimenti in una provincia piuttosto che in un’altra, in un posto di sostegno piuttosto che in un posto comune, senza tener conto delle preferenze indicate nelle rispettive domande di trasferimento, senza alcuna motivazione e in difetto della benché minima trasparenza, rispetto alle quali si è, in maniera condivisibile, affermato che l’utilizzo di procedure “robotizzate” non può, tuttavia, essere motivo di elusione dei princìpi che conformano il nostro ordinamento e che regolano lo svolgersi dell’attività amministrativa. (Cons. Stato, sez. VI, 2 gennaio 2020 n. 30).

La pronunce giurisprudenziali richiamate dalla parte appellante muovono, infatti, dal presupposto che il codice sorgente sia da considerare «atto amministrativo» o « documento amministrativo » nei cui confronti è dunque necessario accordare il diritto di accesso ai sensi della l. n. 241 del 1990, senza che sia di ostacolo l’eventuale permanenza di diritti di proprietà intellettuale sul software in capo al privato appaltatore.

Il recente Codice dei contratti pubblici, con il citato art. 30, conferma questa impostazione, esprimendo una chiara preferenza per gli algoritmi open source rispetto a quelli proprietari e, in ogni caso, assicurando la disponibilità del codice sorgente, prevedendo inoltre che, nei casi di decisione algoritmica, la motivazione del provvedimento finale deve richiamare il codice sorgente e il modello matematico impiegati, salva la possibilità per l'interessato di esercitare il diritto d'accesso documentale a tali “documenti” ed anche al data set.

In questi casi, l’art. 30 mostra un deciso favor per l'esercizio dell'accesso difensivo rispetto alla tutela della proprietà intellettuale, ancorché coperta da brevetto, evidentemente ritenendo che la mancata conoscenza del codice sorgente impedirebbe infatti la tracciabilità dell'algoritmo, violando il dovere esplicativo minimo previsto dalle raccomandazioni europee.

I principi affermati nelle predette decisioni, così come codificati dal citato art. 30, non possono, tuttavia trovare applicazione nel caso in esame in cui non ricorre la fattispecie del procedimento amministrativo basato su decisioni algoritmiche, ma una decisione affidata al fattore umano rispetto alla quale la procedura automatizzata si è limitata ad accertare uno specifico fatto, ovvero l’effettuazione o meno da parte dell’operatore economico del calcolo dell’impronta digitale.



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CODICE: Ai sensi dell'art. 3 comma 1 lett. uuuu) del Codice: il presente decreto che disciplina i contratti pubblici di lavori, servizi, forniture;
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