DIVIETO DI GOLD PLATING: CONSENTE COMUNQUE IL RECEPIMENTO DELLE DIRETTIVE EUROPEE
Per questo collegio va precisato che l’art. 1, comma 1-quater del d.l. n. 142/2019, come modificato dall’art. 24 del d.l. n. 144/2022, non si pone in violazione del divieto di gold plating. Il divieto di gold plating, come noto, è da intendere in senso relativo. Esiste un gold plating attivo che è quello che si verifica con l’adozione di nuovi atti di recepimento di direttive e un gold plating passivo che si verifica quando vengono mantenuti livelli di regolazione superiori a quelli richiesti dalle direttive. Un maggior rigore nel recepimento delle direttive è consentito nella misura in cui esso non si traduca in un ostacolo alla concorrenza oppure sia giustificato dalla salvaguardia di interessi e valori costituzionali. In questo caso, la disposizione è sicuramente proconcorrenziale e, lungi dall’introdurre livelli di regolazione superiori a quelli minimi richiesti dalle direttive europee, impone semplicemente che un intervento pubblico strategico quale quello per cui è causa, sia affidato con gara pubblica.
Va peraltro ricordato che il divieto di gold plating costituisce anche un parametro interposto di legittimità ex art. 76 Cost., grazie al rinvio generale operato dalla legge n. 234/2012 (Norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea) all’art. 32, comma 1, lett. c), e dalle singole leggi di delega in specifici settori, come per esempio la legge n. 11 del 2016 nella materia dei contratti pubblici.
Ma la Corte Costituzionale, con sentenza del 27 maggio 2020, n. 100 ha chiarito che:
a) il divieto di gold plating non è un principio di diritto comunitario, il quale, come è noto, vincola gli Stati membri all'attuazione delle direttive, lasciandoli liberi di scegliere la forma e i mezzi ritenuti più opportuni per raggiungere i risultati prefissati (salvo che per le norme direttamente applicabili);
b) esso “va rettamente interpretato in una prospettiva di riduzione degli “oneri non necessari”, e non anche in una prospettiva di abbassamento del livello di quelle garanzie che salvaguardano altri valori costituzionali, in relazione ai quali le esigenze di massima semplificazione e efficienza non possono che risultare recessive”.
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