RISOLUZIONE DEL CONTRATTO D'APPALTO DICHIARATA DALLA STAZIONE APPALTANTE E OBBLIGHI DELL'OPERATORE (108.9)
Peer questo collegio, vale rammentare il principio, condiviso, secondo il quale, in relazione al riparto di giurisdizione in materia di contratti pubblici, con particolare riguardo al contratto di appalto, il relativo discrimine è correlato alla fase nella quale si colloca la controversia, a seconda, quindi, che quest’ultima attenga alla fase selettiva e deliberativa dell'aggiudicazione oppure a quella di esecuzione del rapporto.
In tal senso, quindi, ‹‹in materia di procedimenti di evidenza pubblica, la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo riguarda le controversie relative alla fase procedimentale, che va dall'inizio della procedura sino alla stipula del contratto d'appalto (cfr. Cass., SS.UU., 9 aprile 2018, n. 8721; 10 aprile 2017, n. 9149; 8 luglio 2015, n. 14188; 13 marzo 2009, n. 6068; cfr. Cons. Stato, V, 19 luglio 2018, n. 4394; contra, isolata, Cass., SS.UU., 5 ottobre 2018, n. 24411, per la quale la fase procedimentale si conclude con l'adozione dell'atto di aggiudicazione definitiva), e si estende ad ogni provvedimento, atto, accordo e comportamento che intervenga in quel lasso temporale, ivi compresi i provvedimenti di annullamento d'ufficio dell'aggiudicazione definitiva ai sensi dell'art. 21-quinquies l. 7 agosto 1990, n. 241 o comunque previsti da norme di legge, mentre sussiste la giurisdizione ordinaria per le controversie insorte nella fase di esecuzione del contratto, salvo, comunque, il caso di esercizio di poteri di autotutela di annullamento ovvero di revoca dell'aggiudicazione pregressa, sussistendo nel primo caso la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo e nel secondo la sua giurisdizione di legittimità (cfr. Cass., SS.UU., 29 gennaio 2018, n. 2144; 16 gennaio 2018, n. 895; 18 novembre 2016, n. 23468)›› (Cons. Stato, sez. V, 19 aprile 2019, n. 2543).
La Corte di Cassazione ha avuto modo di precisare, in ordine, in particolare, alla risoluzione del contratto, che ‹‹la controversia relativa alla risoluzione del contratto per inadempimento dell'aggiudicatario, afferendo esclusivamente alla fase esecutiva del rapporto, appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario"; ciò sul presupposto che "intervenuta la stipulazione del contratto, la pubblica amministrazione non può più spendere pertanto alcun potere d'imperio, neppure in via di autotutela (ex multis Cass., SS. UU., 22554/14, 12901/13, 19046/10, 26792/08)", ed inoltre che "il petitum sostanziale di tale controversia - che è quello al quale occorre aver riguardo ai fini del riparto di giurisdizione - appare infatti chiaramente incentrato sulla fase dell'esecuzione dell'appalto e non incide sull'esercizio dei poteri discrezional-valutativi della Pubblica Amministrazione nella determinazione dell'aggiudicatario›› (Cass. civ., sez. un., 31 ottobre 2022, n. 32148)
Con riguardo all’istituto della risoluzione nell’ambito dei contratti pubblici, il Collegio ben conosce il controverso tema della natura delle diverse “tipologie di risoluzione” previste dall’art. 108, d.lgs. n. 50 del 2016, ma il problema qualificatorio, nel caso di specie, non si pone, perché la dichiarazione di risoluzione adottata dal Comune si iscrive, pacificamente, nell’ambito della fattispecie di cui al comma 3, della predetta disposizione ai sensi del quale ‹‹il direttore dei lavori o il responsabile dell'esecuzione del contratto, se nominato, quando accerta un grave inadempimento alle obbligazioni contrattuali da parte dell'appaltatore, tale da comprometterne la buona riuscita delle prestazioni, invia al responsabile del procedimento una relazione particolareggiata, corredata dei documenti necessari, indicando la stima dei lavori eseguiti regolarmente, il cui importo può essere riconosciuto all'appaltatore. Egli formula, altresì, la contestazione degli addebiti all'appaltatore, assegnando un termine non inferiore a quindici giorni per la presentazione delle proprie controdeduzioni al responsabile del procedimento. Acquisite e valutate negativamente le predette controdeduzioni, ovvero scaduto il termine senza che l'appaltatore abbia risposto, la stazione appaltante su proposta del responsabile del procedimento dichiara risolto il contratto››.
Come correttamente ricordato dal Consorzio ricorrente, la risoluzione dichiarata ex art. 108, comma 3, d.lgs. 50/2016 rientra nei casi di "risoluzione di natura privatistica" ammessi dal codice dei contratti pubblici, oltre a quelli disciplinati in via generale dal codice civile, in particolare per gravi inadempimenti da parte dell'appaltatore, tali da compromettere la buona riuscita delle prestazioni, accertati dal direttore dei lavori o dal responsabile dell'esecuzione del contratto.
... La fattispecie, quindi, si inscrive nell’ambito applicativo del comma 9 dell’art. 108, d.lgs. n. 50 del 2016 prevede che ‹‹nei casi di risoluzione del contratto di appalto dichiarata dalla stazione appaltante l'appaltatore deve provvedere al ripiegamento dei cantieri già allestiti e allo sgombero delle aree di lavoro e relative pertinenze nel termine a tale fine assegnato dalla stessa stazione appaltante; in caso di mancato rispetto del termine assegnato, la stazione appaltante provvede d'ufficio addebitando all'appaltatore i relativi oneri e spese. La stazione appaltante, in alternativa all'esecuzione di eventuali provvedimenti giurisdizionali cautelari, possessori o d'urgenza comunque denominati che inibiscano o ritardino il ripiegamento dei cantieri o lo sgombero delle aree di lavoro e relative pertinenze, può depositare cauzione in conto vincolato a favore dell'appaltatore o prestare fideiussione bancaria o polizza assicurativa con le modalità di cui all'articolo 93, pari all'uno per cento del valore del contratto. Resta fermo il diritto dell'appaltatore di agire per il risarcimento dei danni››.
La disposizione che precede prevede e disciplina compiutamente l’obbligo dell’appaltatore di restituzione dell’area di cantiere, non solo imponendo allo stesso di provvedere al ripiegamento dei cantieri già allestiti e allo sgombero delle aree di lavoro e relative pertinenze nel termine a tale fine assegnato dalla stessa stazione appaltante, quale conseguenza della risoluzione del contratto di appalto, ma attribuisce espressamente il diritto alla stazione appaltante “in caso di mancato rispetto del termine assegnato” di provvedere “d'ufficio addebitando all'appaltatore i relativi oneri e spese”.
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