POTERE DI AUTOTUTELA P.A. - MOTIVI DI INTERESSE PUBBLICO DEL RITIRO DELLA PROCEDURA (67)
Questo Giudice è tenuto ad esaminare la correttezza dell’esercizio del potere di autotutela dell’Amministrazione nei limiti propri della giurisdizione amministrativa.
La valutazione della conformità all’interesse pubblico delle scelte dell’Amministrazione non è sindacabile dal giudice amministrativo, il quale è tenuto ad attenersi ad aspetti che evidenziano irragionevolezza, difetti logici, violazione dell’imparzialità e travisamento istruttorio, che, nella specie, non si ritengono sussistenti, avendo la Regione Calabria dato atto, nei provvedimenti di ritiro, delle specifiche ragioni alla base della rinnovata valutazione dell’interesse pubblico, come condivisibilmente apprezzato dal Collegio di primo grado.
La giurisprudenza amministrativa ritiene che non è contestabile, in via generale, il potere di annullamento ex officio, ai sensi dell’art. 21 nonies della legge n. 241 del 1990, dell’aggiudicazione in presenza di un’illegittimità significativa (Cons. Stato, n. 2123 del 2019; id. n. 2601 del 2018).
In questo ambito conferma che, anche in relazione ai procedimenti ad evidenza pubblica per l’affidamento di lavori, servizi e forniture, l’amministrazione conserva il potere di ritirare in autotutela il bando, le singole operazioni di gara o lo stesso provvedimento di aggiudicazione, ancorchè definitivo, in presenza di vizi dell’intera procedura, ovvero a fronte di motivi di interesse pubblico tali da rendere inopportuna, o anche solo da sconsigliare, la prosecuzione della gara (Cons. Stato, n. 6313 del 2018).
Nella specie, si è trattata di una valutazione circa l’opportunità della prosecuzione della gara a fronte della riscontrata violazione della par condicio competitorum che ha imposto un’anticipazione della soglia di tutela “al solo rischio o potenziale pericolo di un’eventuale loro lesione”, che al Collegio non appare irragionevole, e che, pertanto, sfugge ai rilievi della società ricorrente.
Con il primo e il secondo mezzo, l’appellante invoca l’errata interpretazione, nella specie, dell’art. 67 del d.lgs. n. 50 del 2016, benchè riconosca che il provvedimento impugnato ‘ha fatto leva sul buon andamento e sulla par condicio senza invocare l’art. 67 del d.lgs. n. 50/2016 e la sua violazione’ evidenziando che ‘ciò non significa che i principi derivanti dal predetto art. 67 non debbano essere presi come riferimento per la disamina dell’attività amministrativa, perché essi rappresentano la base fondante e comune di tutte le ipotesi in cui è necessario tutelare la concorrenza in materia di appalto in caso di pregressi contatti tra la stazione appaltante e concorrenti’.
Secondo la ricorrente, se i principi a cui si ispira l’art. 67 cit. si fondano sulla prova della idoneità dell’evento a fare venire meno la parità delle condizioni tra i concorrenti, ‘tanto più dovrà valere per l’ipotesi minore che ha visto coinvolta Cogea, vale a dire la (possibile) conoscenza pregressa di alcune informazioni poi trasfuse nella gara senza alcun diretto coinvolgimento nella predisposizione degli atti’.
La tesi argomentativa si basa sull’assunto secondo cui il Giudice territoriale non avrebbe approfondito il danno concorrenziale nei suoi presupposti, sicchè le affermazioni dell’Amministrazione si fonderebbero su deduzioni di mero principio, non provate e applicate in via presuntiva e automatica.
La norma richiamata non è applicabile alla fattispecie, ciò in quanto l’appellante non è stata esclusa dalla gara, come, del resto, non è stato escluso nessuno dei partecipanti, né sussistono le altre condizioni che legittimano un richiamo ai principi nella stessa enunciati.
L’art. 67 d.lgs. n. 50 del 2016 si colloca nell’ambito delle c.d. consultazioni di mercato disciplinate all’art. 66 del Codice, si riferisce a una potenziale fase propedeutica all’avvio della procedura di gara e riguarda il caso della partecipazione precedente di candidati o offerenti, prevedendo misure volte a garantire che la concorrenza non sia falsata dalla partecipazione del candidato o dell’offerente che abbia fornito la documentazione riguardante le consultazioni preliminari di mercato o abbia altrimenti partecipato alla preparazione della procedura di aggiudicazione dell’appalto. La disposizione riprende direttamente l’art. 41 della direttiva 2014/24/UE la quale ha positivizzato un principio affermato dalla Corte di giustizia (CGUE 3 marzo 2005, C- 217/03) in base al quale l’aver partecipato ad una consultazione preliminare o alla preparazione della procedura non deve pregiudicare la partecipazione alla gara se l’operatore economico non ne ha ottenuto un vantaggio concorrenziale rispetto agli altri offerenti; ciò a patto che l’amministrazione si in grado di garantire, attraverso misure adeguate, che la concorrenza non sia falsata (ad esempio, consentendo a tutti i partecipanti di conoscere le informazioni ricavate dalla consultazione preliminare utili per la partecipazione alla gara) e che i candidati riescano a dimostrare che la loro partecipazione non vada a falsare la concorrenza.
Il comma 1 dell’art. 67 del d.lgs. n. 50 del 2016 prevede sostanzialmente due ipotesi. La prima si riferisce al collegamento tra partecipazione alla gara e l’aver prodotto ‘consulenze, relazioni o altra documentazione tecnica’, e la seconda riguarda il collegamento tra la partecipazione alla gara e l’aver partecipato, a prescindere dalle modalità concrete, ‘alla preparazione della procedura di aggiudicazione dell’appalto’.
La norma, inoltre, come si è detto, va applicata con riguardo alla fattispecie di esclusione del singolo concorrente e non nella diversa situazione, come quella di specie, dell’annullamento dell’intera gara.
Nessuna delle predette ipotesi è ravvisabile nella vicenda in esame, pertanto l’art. 67 del d.lgs. n. 50 del 2016 è stato richiamato con riferimento ad aspetti che non hanno pertinenza con l’oggetto della procedura.
Il Collegio, pertanto, intende ribadire l’approdo al quale è pervenuto il Tribunale adito, sicchè la sentenza impugnata non merita la critica che le è stata rivolta, avendo motivato in modo del tutto condivisibile che il gravato atto di ritiro della gara è espressione della potestà di autotutela di cui all’art. 21 nonies l. n. 241 del 1990, e non anche del regime giuridico di cui all’art. 67 d.lgs. n. 50 del 2016 in materia di partecipazione alla preparazione della procedura di appalto.
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